Ho voluto ricreare una situazione in cui l’artista Vincent Van Gogh è nella sua camera. Non ho volutamente scelto la vera opera pittorica, bensì una fedele riproduzione materiale, selezionata appositamente per rendere l’immersione all’interno del mondo tormentato di Van Gogh più concreta e tangibile. Mi piace definire la mia vita come uno spettacolo, in cui io sono sempre su un palcoscenico tenuta ad esprimere me stessa sottoforma di arte, per questo mi sento molto vicina all’artista per la mia interpretazione folle ed intima della vita. Il mio posto sicuro è dunque il luogo in cui la mia creatività ha libero sfogo e il mio flusso di pensieri sconnessi trova ordine, così scelgo la camera da letto, l’unico luogo, al di fuori della mente, in cui la libertà individuale è massima.
Videoconferenze dall’altrove
a cura di Edoardo Suraci e Vincenzo Costantini (Altrove Festival)
realizzato insieme a Andrea Merante, Giulia Giaimo, Irene Rotella, Luisa Polimeni, Marco Galeotti, Paola Drago, Simone Sorbaro, Valentina Fratto, Vivienne De Tommaso
Una realtà a cui sento di non appartenere, seppure mi impegno e metto tutto me stesso per sopravvivere.
Cosa amo fare o, più semplicemente, cosa certamente non mi piace fare? Chi sono? Chi sono nei confronti degli altri?
Queste sono alcune delle domande che ci hanno accompagnato nel percorso, richieste chiare ma per nulla semplici, in particolar modo nell’età dell’adolescenza, quell’età in cui si comincia, tra paure e prime certezze, a strutturare l’Io sociale. Un’ idea di sé che diventa immagine e racconto, espressa dalla realizzazione di un avatar che comunica qualcosa su chi siamo e su cosa vogliamo essere agli occhi degli altri. Immagini completamente libere che si muovono fra autenticità e proiezione fantastica, in cui si mescolano elementi reali e surreali.
Racconti liberi di mondi interiori, utopie, fantasie, paure, passioni. Immagini e testi frutto di una partecipazione corale, entusiasmante per autenticità e intimità del confronto.
Percorrendo le strade della mia città di notte, col berretto e gli occhiali neri che nascondono i capelli spettinati e gli occhi stanchi, incontro una luce di un bar che illumina la mia via. Vedo una coppia che chiacchiera allegramente con il barista. Sembrano felici, vorrei essere come loro. In disparte c’è un uomo, lui è come me, solo e perso nei suoi pensieri, chissà se sereni o dolorosi.
L’immagine mette al centro un libro, il quale prende vita e proietta le diverse scene che rappresentano le varie mie passioni personali, dal teatro, alla musica, alle corse automobilistiche. È un posto nel quale la realtà si abbandona alla fantasia, per spiccare il volo, e ritagliare un posto unico personale, accessibile solo a me. In alto una grande scritta: "stage door" che presagisce l’entrata in scena per ammirare uno dei migliori spettacoli: la propria fantasia.
Una galassia che sta a rappresentare un po’ tutto il mio mondo interiore, luminoso ma al tempo stesso pieno di parti oscure.
Vorrei tanto esplorare lo spazio e questo rappresenta per me una sorta di sogno probabilmente irrealizzabile, un’utopia.
Amo inoltre il make-up, come si può ben notare, che considero una forma di arte: con esso riesco ad esprimermi, è la mia essenza e in questo caso ho cercato di portare un po’ di galassia sul mio viso.
Ho scelto di rappresentare questo personaggio nei tipici abiti estivi in quanto incarna la classica persona che desidera alienarsi e vagare liberamente col proprio pensiero in un momento di forte stress. Tuttavia il mare alle sue spalle è parecchio agitato e simboleggia la frenesia della vita, quasi come a voler far tornare alla realtà il personaggio in questione.
Il mare raffigura da sempre, per me, un luogo di spensieratezza, tranquillità ma anche di sofferenza. Secondo me al mare si va per pensare, per piangere, perché di fronte all’immensità di ciò che abbiamo davanti i nostri problemi e le nostre paranoie sembrano futili. Mi piace il mare d’inverno perché non c’è nessuno e per un secondo si interrompe un po’ con la gelosia nei confronti della grande bellezza che si ha davanti.
In particolare quel giorno stavo facendo ciò che mi rende più felice, ossia fotografare, esprimevo la mia arte davanti a ciò che mi fa stare bene e credo che non esiste cosa migliore.
(In una frase: Bisogno di pace)
Lo sfondo rappresenta una contrapposizione e allo stesso tempo un luogo comune: ogni singola persona ha il diritto di essere compresa e accettata, senza per forza essere designati all’inferno o al paradiso. Immagino un mondo di mezzo, dove ognuno può non sentirsi giudicato per i propri errori. Questo rappresenta la mia realtà, difficile, complessa e quasi impossibile. Vivo in un mondo che mi guarda e parla ma non mi conosce, che mi scruta attentamente ma non mi comprende. Una realtà a cui sento di non appartenere, seppure mi impegno e metto tutto me stesso per sopravvivere.
Abbandonarsi con tutto il peso sul letto è come chiudersi in una gabbia fatta di nuvole che ti protegge e ti isola dal mondo. Il contatto che si crea con ogni parte del corpo riesce quasi a trasportarci in una dimensione idilliaca, in cui i sogni prendono forma e tutte le paure e le insicurezze svaniscono, un po’ come accade con la nostra persona preferita nel mondo, che sicuramente non sarebbe adatta ad uno sfondo.
L’immagine mette al centro un libro, il quale prende vita e proietta le diverse scene che rappresentano le varie mie passioni personali, dal teatro, alla musica, alle corse automobilistiche. È un posto nel quale la realtà si abbandona alla fantasia, per spiccare il volo, e ritagliare un posto unico personale, accessibile solo a me. In alto una grande scritta: “stage door“ che presagisce l’entrata in scena per ammirare uno dei migliori spettacoli: la propria fantasia.



